Si può parlare oggi di poesia italiana contemporanea? Si può parlare di poeti italiani? O ancora: esistono scuole, temi, correnti, flussi, idee, progetti, afflati o altro che possa far identificare un poeta dall’altro?
 
In questo momento in Italia la poesia è orfana di madre e di padre. Esclusa dagli scaffali delle librerie; bandita dai distributori; quasi censurata – un po’ per noia e poi per ignoranza – dai critici o giornalisti. Non ha parte né patria sui quotidiani, non aiuta ad elevare il pensiero e neppure a sporcare i piedi e le mani della gente. Sconosciuta, ignorata, abbandonata, la poesia italiana è praticamente morta.
Nessuno la legge, neppure gli stessi sedicenti poeti e soprattutto quelle poetesse più vicine ai punti neri sulla fronte, che alla ricerca, alla scrittura, alla fatica.
La poesia è morta per la maggior parte di noi eppure – e questo non siamo noi a dirlo – la poesia è il tutto. É forse nata prima la poesia che il desiderio dell’uomo di poterne godere dei frutti.
Ma la poesia non è solo frutto; è anche sasso, spillo, vetro rotto e proiettile. La poesia è un dardo che scagliato raggiunge il proprio obiettivo.
Ciechi però oggi coloro che si ammantano del fregio poetico, sordi i puntatori, afoni di lettori.
Eppure abbiamo bisogno della poesia.
Ecco perché nasce Sillabe poetiche, perché c’è bisogno di ripartire proprio dalle sillabe, dalle cose più semplici. Via gli orpelli, i fregi, le immagini; via i font, le fotografie, i titoli roboanti e sensuali e dentro brandelli d’anima. La poesia non è una strada senza sassi e buche.
 
Ora i consigli. Per ogni poesia scritta dovrete averne letto almeno altre mille. E altre diecimila se vorrete pubblicare una vostra raccolta. E anche più di un milione se desidererete aver un lettore onesto nel giudizio e soprattutto colmo per aver letto il vostro libro fino in fondo.
“Per tutti i fulmini del cielo se non è così che stanno le cose e che siate maledetti se non capirete tutto questo in tempo per alzare le mani e restituire ciò che avete ricevuto senza averne diritto”.
Oltre la citazione il dubbio: ma siamo ancora in grado di leggere e scrivere poesia?
 
Scriveteci e leggeremo.